Qualche passettino indietro nel tempo, sino al 8 aprile 1984, a Murano, dove vengo premiato col 3° posto assoluto (sez. DIACOLOR – senza corsi – senza essere iscritto ad alcun circolo e dopo appena 2 anni di esperienza amatoriale) al Concorso Fotografico “Il Carnevale”, col patrocinio del Comune di Venezia – Assessorato del Turismo. Emozionante e di molta soddisfazione.
La Giuria evidenziava nel verbale, che tutto il materiale presentato e valutato era sì di ottima qualità ma nessuno era riuscito ad evidenziarsi rispetto ad un molto noto (già allora) Fulvio Roiter e che le fotografie tutte, erano somiglianti al senso artistico che già da anni era proposto dalla Fotografia dell’illustre sopracitato.
Quindi è chiaro che queste di seguito sono l’espressione personale di ciò che al momento si coglie di Venezia, città con una scenografia incredibile, palco imparagonabile, passeggiando tra le calli o in posti famosi che sono meta di “pellegrinaggio fotografico” da parte di un’impressionante esercito di fotografi armati come si conviene e proveniente da ogni parte del mondo.
L’arte fotografica di Mirco Basso è stato e luogo dell’anima. Seguendo ispirazione e slancio emotivo, il suo obiettivo si fa medium affettivo dell’evento, cogliendo e fermando l’immagine immediata, quell’“attimo fuggente” che il suo occhio curioso e sensibile immortala grazie a macchine fotografiche che per lungo tempo sono state rigorosamente manuali e meccaniche. Da trent’anni, infatti, la fotocamera è sua “appendice naturale”, indispensabile strumento per cogliere l’irripetibile “momento epifanico” che il mondo circostante gli regala. Amando profondamente il jazz, l’artista definisce il suo stile “Visual Jazz” per l’equilibrato mix di tecnica ed improvvisazione che lo contraddistingue. Soffermandosi ad indagare le realtà a lui più intimamente e professionalmente vicine, Mirco Basso si fa apprezzare per la passione, la schiettezza e la sincerità che infonde nei suoi scatti, siano essi attinenti a lavori su commissione o germinati da una personale esigenza di espressione artistica. Determinato a non lasciarsi travolgere dall’ammiccante facilità del digitale, fino a tempi recenti, ha ostinatamente prediletto la seducente tattilità della pellicola e il fascino trepidante dell’attesa che la contraddistingueva. Egli semplicemente vede con la sua macchina fotografica, memore e forte dell’esperienza del metodo tradizionale che non ammetteva errori e che esigeva chiarezza di idee quanto all’ottica e al taglio da impostare, velocità nella messa a fuoco e nella regolarizzazione di diaframma e tempi di esposizione. Rivoluzionario nei controluce. Le sue foto, dal “timbro evanescente e musicale”, si oppongono alla miope fugacità dell’osservazione contemporanea ed ammaliano per il forte potere evocativo e per la sapienza compositiva che, offrendo una mappatura emozionale del reale, risultano capaci di addentrarsi nel variegato e complesso linguaggio dell’Arte Contemporanea. (Testo critico di Simona Clementoni)
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