Con il termine di composizione fotografica si intendono tutte le decisioni prese dal fotografo, al momento dello scatto, riguardo alla scelta del soggetto da rappresentare e alle sue relazioni con l’ambiente circostante (sfondo). Altre soluzioni possono essere di tipo pratico, la scelta della posizione da cui scattare la foto (inquadratura, prospettiva), o di tipo tecnico quali il tempo di esposizione o la messa a fuoco. Solitamente le scelte pratiche influiscono maggiormente sulla composizione dell’immagine mentre il risultato dal punto di vista qualitativo (bilanciamento corretto del colore o assenza di rumore) si raggiunge grazie alla tecnica.
Le fotografie di questo articolo sono tratte dall’Album fotografico dedicato al BDY 2011.
L’arte fotografica di Mirco Basso è stato e luogo dell’anima. Seguendo ispirazione e slancio emotivo, il suo obiettivo si fa medium affettivo dell’evento, cogliendo e fermando l’immagine immediata, quell’“attimo fuggente” che il suo occhio curioso e sensibile immortala grazie a macchine fotografiche che per lungo tempo sono state rigorosamente manuali e meccaniche. Da trent’anni, infatti, la fotocamera è sua “appendice naturale”, indispensabile strumento per cogliere l’irripetibile “momento epifanico” che il mondo circostante gli regala. Amando profondamente il jazz, l’artista definisce il suo stile “Visual Jazz” per l’equilibrato mix di tecnica ed improvvisazione che lo contraddistingue. Soffermandosi ad indagare le realtà a lui più intimamente e professionalmente vicine, Mirco Basso si fa apprezzare per la passione, la schiettezza e la sincerità che infonde nei suoi scatti, siano essi attinenti a lavori su commissione o germinati da una personale esigenza di espressione artistica. Determinato a non lasciarsi travolgere dall’ammiccante facilità del digitale, fino a tempi recenti, ha ostinatamente prediletto la seducente tattilità della pellicola e il fascino trepidante dell’attesa che la contraddistingueva. Egli semplicemente vede con la sua macchina fotografica, memore e forte dell’esperienza del metodo tradizionale che non ammetteva errori e che esigeva chiarezza di idee quanto all’ottica e al taglio da impostare, velocità nella messa a fuoco e nella regolarizzazione di diaframma e tempi di esposizione. Rivoluzionario nei controluce. Le sue foto, dal “timbro evanescente e musicale”, si oppongono alla miope fugacità dell’osservazione contemporanea ed ammaliano per il forte potere evocativo e per la sapienza compositiva che, offrendo una mappatura emozionale del reale, risultano capaci di addentrarsi nel variegato e complesso linguaggio dell’Arte Contemporanea. (Testo critico di Simona Clementoni)
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